Il MEAN – Movimento Europe di Azione Nonviolenta – questa mattina è stato accolto dal sindaco di Kiev e da membri della società civile, come l’associazione Act4UA, fondata da Ihor Torskyi, per la seconda piattaforma di lavori per un’azione non violenta in Ucraina.
Due le riflessioni fondamentali dalla quali partire per sostenere la popolazione Ucraina nel processo di ricostruzione: l’Ucraina è una nazione essenzialmente europea, come ha ben raccontato il sindaco di Kiev, e la natura non violenta del popolo Ucraino, che come ha raccontato Ihor, ha negli anni rinunciato al nucleare e alla Crimea senza colpo ferire.
Ma non senza conseguenze, come possiamo osservare anni dopo.
La colpa dell’Europa è di non aver sostenuto l’Ucraina quando c’erano le avvisaglie di questo conflitto, abbiamo osservato inermi e inerti, così come abbiamo osservato sciogliersi il ghiacciaio della marmolada raccontato da Marianella Sclavi.
Abbiamo la responsabilità di aver promesso sicurezza e protezione senza poterla effettivamente dare, e se la storia insegna, oggi può essere un ennesimo punto di partenza affinché i conflitti possano essere prevenuti, anche con l’intervento dei corpi civile di pace, solo teorizzati è mai attuati.
Oggi un’occasione unica per gli attivisti del MEAN, il confronto vero, in presenza, con chi sta vivendo la guerra personalmente.
Importantissimo essere fisicamente accanto a loro per ascoltare con le orecchie e guardarsi negli occhi e concedersi anche un momento di festa con bandiere colorate e frasi di pace e fratellanza.
Qui il discorso del Presidente Angelo Moretti, portavoce del MEAN, tenutosi stamattina presso il comune di Kyev:
“Abbiamo sognato di poter essere qui con voi, a manifestarvi la nostra solidarietà, da quando abbiamo visto entrare i carri armati russi sul vostro confine, vi abbiamo ammirato quando avete deciso di resistere, quando avete circondato i soldati russi in modo nonviolento con le vostre bandiere, quando avete intonato il “Va’ Pensiero” ad Odessa mentre cadevano i missili, quando avete messo i vostri corpi disarmati davanti ai tank russi che invadevano le città per cercare di fermarne l’avanzata con la vostra forza morale, quando avete messo in piedi una resistenza di popolo che ci porta all’origine del sogno europeo di un mondo libero, democratico e rispettoso dei diritti sociali.
Un nostro partigiano, Germano Nicolini, scrisse così: la gente pensa che la Resistenza sia soltanto un fatto d’armi. Ma sbaglia. La Resistenza fu soprattutto uno scambio collaborativo con il popolo. Le persone erano con noi perché noi ci siamo presi cura di loro. Non abbiamo lasciato mai la nostra gente. E loro non ci hanno mai abbandonato. Non mi hanno mai abbandonato.
In nome di quella resistenza, noi oggi siamo qui a dirvi che anche come società civile non vi lasceremo soli: come i nostri governi stanno cercando strade possibili per un cessate il fuoco, anche noi della società civile ci sentiamo chiamati a scendere in campo, perché, se non possiamo ancora fermare la guerra, sappiamo però che possiamo far avanzare la pace, insieme, sottraendo veleno alla guerra.
Un grande giornalista della resistenza francese, Albert Camus, scrisse: Non esistono due France, una che combatte e una che si atteggia ad arbitro del combattimento in atto. Infatti, anche se alcuni vorrebbero guadagnarsi la comoda posizione di chi giudica senza intervenire, il non intervento è oggi impossibile. Non potete dire: ‘la cosa non mi riguarda.’ Perché la cosa vi riguarda eccome. La verità è che oggi la Germania non ha soltanto lanciato un’offensiva contro i migliori e i più coraggiosi dei nostri compatrioti, ha promosso la continuazione della guerra totale contro la totalità della Francia, totalmente inerme sotto i suoi colpi micidiali. Non dite ‘la cosa non mi riguarda. Io vivo in campagna, e la fine delle ostilità mi restituirà la pace di cui godevo all’inizio della tragedia.’ La cosa, invece, vi riguarda.
Così deve essere per l’Europa oggi. Non possono esistere due Europe, una che invia armi ed una che sta a casa a vedere alla tv come andrà a finire questa aggressione, siamo tutti intimamente coinvolti e non può esistere un vero sentimento che leghi i nostri popoli se continueremo a pensare che la tregua che cerchiamo riguardi solo le vite degli ucraini. Noi siamo qui per dire: siamo tutti ucraini! Sentiamo tutti che la lotta dell’Ucraina è la nostra lotta, che le speranze di un futuro di libertà, democrazia e stato sociale dell’Ucraina sono le speranze di tutto il sogno europeo!
Ma siamo anche tutti europei, l’Ucraina è Europa: a Majdan ha deciso la sua identità nel terzo millennio ed oggi è ufficialmente candidata ad essere stato membro. Questo significherà che la fratellanza a la sorellanza tra i nostri popoli non potrà essere affidata alle burocrazie, ma principalmente alla nostra amicizia.
Non si diventa europei per aver superato un concorso o un test, ma perché si decide di avere un’identità comune di popoli democratici che perseguono la pace globale, accettano le diversità di opinione e di fede, danno dignità ed umanità alla pena delle persone condannate, aboliscono i manicomi per le persone con sofferenza psichica, garantiscono la libera istruzione, la parità di genere e l’esercizio dell’obiezione di coscienza nei temi che riguardano l’uso delle armi, hanno cura dell’ambiente.
Noi siamo qui per ribadire che vi saremo accanto nel percorso di ingresso nella UE come società civile e come compagne e compagni di viaggio, a partire dall’urgenza di oggi e con un piede nell’Ucraina libera ed indipendente del futuro.
Vogliamo condividere con voi la bellezza dei versi del poeta Ševčenko, così come sentiamo che i vostri canti di liberazione sono i nostri.
Siamo qui per costruire con voi il nuovo pacifismo dell’UE. Per compiere con voi un passo in più rispetto all’epoca della guerra fredda e della cortine di ferro a cui qualcuno brutalmente vuole farci ritornare: oggi noi lottiamo come società civile anche per sostenere i russi che vorrebbero vivere in un mondo libero e democratico, per quelli che anelano alla pace e sono costretti al silenzio, per gli obiettori che stanno pagando con la galera il proprio rifiuto alla guerra.
Non solo. Siamo qui anche per difendere – accanto ai dissidenti russi – il futuro della cultura russa, della sua letteratura, della sua musica, dei suoi campioni sportivi, della sua arte, del suo ingegno. L’Europa non sarebbe Europa senza Tchaikovsky e Dostoevskij, senza Pasternak e Tolstoj, senza Sacharov e Checov.
Care amiche e cari amici ucraini, è questo che desideriamo più di tutto nel nostro cuore, esservi accanto perché possiate vincere la vostra giusta battaglia, e tutti assieme vincere anche la battaglia più radicale, quella tesa ad arginare la follia di un mondo che si prepara a prossime e terribili guerre. Con voi siamo qui per la ricerca di una tregua possibile oggi, ma soprattutto per metterci a lavoro, fianco fianco, per l’Europa pacifista di domani, quell’Europa che avrebbe dovuto intervenire prima e meglio ai vostri confini, con i Corpi Civili di Pace, e che invece è stata colta impreparata il 24 febbraio scorso.
Noi Europei siamo mobilitati per esigere dai nostri governi uno sforzo diplomatico molto maggiore nel prossimo futuro, mettendo in campo anche i nostri corpi disarmati e accettando i sacrifici nelle nostre economie quotidiane provocati dalla guerra e dalla ricaduta delle sanzioni anche sulle nostre società, per cercare tutti insieme dei modi creativi e concreti per far cessare l’aggressione, e dare il via alla ricostruzione civile e morale di una terra ferita.
Oggi siamo qui a chiedere, come società civili sorella, che l’Europa svolga fino in fondo il suo lavoro diplomatico. L’Europa sostenga l’Ucraina e prenda subito la guida dei negoziati! Nessuno deve dormire in pace finché queste terra e questo popolo verranno aggrediti.
Avanti Ucraina! Avanti Europa! Avanti la Pace!”
Presente Vitalij Klyčko, sindaco di Kyev, che ha dichiarato quanto segue:
“Noi Ucraini siamo storicamente e mentalmente proiettati verso l’Europa ed il nostro compito è di entrarvi in modo da ambire agli stessi standard di vita e diritti, aspirando a principi come la supremazia del diritto, la libertà della stampa ed i valori democratici. Questa è la causa della guerra che c’è oggi.
La dittatura russa dell’impero russo mai vedere corso a in Europa ma vederla nella composizione dell’impero russo dove nn ci sono diritti umani e c’è dittatura. Stiamo lottando per il futuro del nostro paese e non vogliamo tornare indietro: siamo grati a chi supporta il nostro Paese, oggi difendendo le nostre case e famiglie stiamo difendendo anche i valori europei e per questo stiamo pagando un prezzo alto.
Perché ci stiamo opponendo ad un esercito così forte? Da lottatore non importa la dimensione ma la volontà ed i patrioti ucraini hanno conquistato risultati incredibili smontando la convinzione dell’esercito che voleva conquistarci in una settimana.
Stiamo assistendo ad un genocidio perché ai russi interessa il territorio e non la popolazione.
Ringraziamo chi ci sta supportando politicamente e militarmente, l’Ucraina era un paese pacifico ma ora ci stiamo solo difendendo da una minaccia esterna. L’errore più grande che si possa fare è pensare che l’Ucraina e lontana e non ci tocca, dopo di noi potrebbe toccare la stessa sorte ad altri paesi.
L’Ucraina è il Paese più vasto di Europa, una destabilizzazione qui può portare ad una destabilizzazione in Europa ed anche oltre. Qui ci sono 5 stazioni nucleari, di cui una sulla linea di conflitto bellico, dove un’esplosione creerebbe una tragedia ancora più grave.
Noi dobbiamo fare tutto il possibile per far finire questa guerra. Servono sanzioni politiche e economiche, i russi devono domandarsi perché la propria gente sta morendo, la maggior parte della popolazione russa è soggiogata dalla propaganda.
Ringrazio tutta i componenti del Progetto MEAN per la forte dimostrazione di vicinanza, sfidando tutti i rischi del caso.”
Anche Monsignor Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, ha ringraziato l’organizzazione del MEAN per la vicinanza:
“Gli organizzatori di questa Marcia della Pace hanno scelto l11 luglio in cui si celebra San Benedetto uno dei patroni d’Europa. Quindi grazie a questa scelta ci troviamo qui uniti per lo meno per tre aspetti: un’Europa unità e solidale di cui anche l’Ucraina fa parte, la costruzione della pace, la preghiera a Dio perché ci conceda la riconciliazione e la pace.
È evidente che noi tutti che siamo qui riuniti siamo contrari alla guerra: ma sappiamo anche che questo non basta e non basta dirlo ci vuole un’azione. Per questo esprimo il mio vivo apprezzamento alla vostra iniziativa che dice che non basta esprimere la contrarietà alla guerra, occorre costruire la pace.”
È poi intervenuto Igor Torskyy di Act For Ukraine:
“Quando parliamo di non violenza dobbiamo capire a chi ci rivolgiamo: l’appello è diretto all’aggressore e questo segnale deve arrivare a Mosca.
La maggior parte di noi a marzo non sapeva che gli ucraini hanno già messo in atto azioni non violente. Nel 1994 l’Ucraina ha rinunciato al nucleare pur essendo la terza potenza per arsenale. Non era già questo un atto di pace? Questa guerra è iniziata nel 2014, dalla resistenza non violenta Ucraina in Crimea, annessa dalla Russia senza resistenza militare. E dove ci ha portato? All’avanzamento dell’aggressore. Nell’agosto 2014, soldati ucraini furono uccisi nel corridoio verde, disarmati, dopo aver creduto alle promesse di sicurezza dell’Europa.
Noi crediamo che esistano dei mezzi pacifici ma applicati alle persone giuste al momento giusto. Pertanto non è giusto chiedere agli ucraini di gettare le armi.”