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Il 18 luglio l’Università degli studi Roma Tre ha ospitato l’importante appuntamento della Seconda Conferenza nazionale delle Operatrici e degli Operatori SAI, nel quale sono intervenuti, tra gli altri, Matteo Biffoni, delegato ANCI immigrazione e politiche per l’integrazione, Virginia Costa, responsabile del Servizio Centrale del SAI, Luciano Gallo di Anci Emilia-Romagna, e il Presidente Angelo Moretti.

Numerosi i partecipanti dai progetti SAI della nostra Rete, che hanno avuto l’occasione di contribuire alle riflessioni della giornata portando le proprie esperienze da operatori.

Angelo Moretti, Presidente “Sale della Terra” – ente attuatore di 22 progetti SAI – e referente nazionale della rete dei Piccoli comuni del welcome, nel suo intervento ha ripercorso le tappe che hanno portato a modificare la percezione del modello di accoglienza diffusa con l’arrivo dei SAI che, rispetto ai CAS, si dotano di un’équipe multidisciplinare e si basano sulla co-gestione insieme ai comuni.

“È molto importante questo momento di confronto tra operatori sociali e del terzo settore – le parole di Moretti – ancor di più considerando come quest’ultimo, nel corso degli anni, stia assumendo sempre di più il ruolo di soggetto politico.

 

Il modello del SAI consente a due sogni di incontrarsi: quello degli operatori sociali di poter costruire le proprie esistenze nelle comunità che abitano – anche grazie alla condizione che permette di passare a un contratto a tempo indeterminato dopo 2 anni di lavoro, cosa che avviene naturalmente se si lavora in un progetto d’accoglienza, che quindi rappresenta uno strumento di contrasto al precariato – e quello dei migranti accolti nel SAI, che devono poter pensare di affidarsi e stabilirsi nella comunità che li ha integrati, non considerandola una comunità di transito.

La nostra provincia nel 2016 fu invasa dai CAS della prefettura ed era in voga il tema del razzismo, da parte delle nostre comunità che respingevano tali strutture. In realtà non c’era alcun razzismo ma solo una grande resistenza a un modello di welfare totalmente sbagliato: avevano ragione gli abitanti di quelle piccole comunità a dire che i CAS fossero sbagliati.

Gradualmente si riempirono capannoni industriali, vecchi alberghi, ospizi, agriturismi, in pochi anni arrivarono 6000 migranti tra Benevento e Avellino a occupare strutture che venivano spacciate per welfare ma che non avevano niente a che vedere con l’accoglienza; in aggiunta agli abitanti, anche i comuni si ribellarono a questa tendenza.

In questo contesto l’introduzione dello SPRAR – Sistema per Richiedenti Asilo e Rifugiati -, ora SAI – Sistema Accoglienza Integrazione – rappresentò una “pietra filosofale”, un modello di intervento sociale che prevedesse un’équipe multidisciplinare, una supervisione di équipe e la possibilità di fare progetti personalizzati, in forma controllata ma co-gestita dal comune. Costruire un dialogo non competitivo con i comuni equivale a co-progettare e con loro abbiamo spesso ragionato su come utilizzare il SAI come leva di sviluppo della comunità”.

📹 Qui tutta la conferenza – l’intervento del Presidente Moretti inizia dal minuto 06:05:30 e dura circa 12 minuti ⬇️