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di Francesco Boffa

Tratti esotici e lo sguardo di chi ha vissuto tanto ed ha tanto da raccontare. In quegli “occhi da orientale, che raccontano emozioni”, come direbbe Daniele Silvestri, si scorgono quella sensibilità, quell’empatia, quel ‘darsi all’altro’ tipiche di chi ha a che fare con campi delicati, come la disabilità o i minori senza genitori.

Inizio una piacevole chiacchierata con Annarita, attuale Responsabile Amministrazione e Segreteria progetti di “Sale della Terra”, in una fresca giornata primaverile al Caffè dell’Orto di Casa Betania, luogo di Economia Civile simbolo della nostra Rete. È proprio qui, dove i valori di integrazione, sviluppo sostenibile ed agricoltura sociale si fondono per generare coesione sociale, che si intrecciano parti importanti della storia di vita di Annarita.
Dalla sua costituzione nel 2009, al Caffè dell’Orto sono state curate la formazione e l’inserimento lavorativo di diverse centinaia tra persone disabili, detenuti e persone affidate a misure alternative, oltre a giovani in condizioni di dipendenza patologica, migranti ed altre categorie in fascia di fragilità.

“Quando fu costruita la serra, eravamo presenti con alcuni dei ragazzi che frequentavano il Centro “É più bello insieme” ed è stato sempre un luogo vissuto in pieno da molti di noi. Mi sento fortunata ad aver visto mettere le radici di questo fantastico posto. Dal 2010 ci ho lavorato per un paio di anni circa, occupandomi dei ragazzi in misura alternativa come educatrice.”

Ma la storia di Annarita inizia molto prima, nel 2001, quando furono dedicati, insieme alle suore vincenziane, alcuni spazi della Scuola Primaria Bilingue – di fianco al Caffè dell’Orto – all’accoglienza di persone con disabilità fisiche e psichiatriche. “Ricordo la tenacia di Angelo nel convincere un ragazzo affacciarsi sulla soglia di casa dopo che, per diversi problemi, non usciva da anni: fu una scena forte, dato che riusciva a malapena a stare in piedi, ma che ci convinse della bontà di ciò che stavamo per mettere in piedi”.

Nacque in quell’anno il CSP “É più bello insieme”, come campo estivo nel quartiere di Capodimonte, nel quale i volontari vincenziani (di cui Annarita faceva parte) insieme alla parrocchia, cercavano di conoscere ed includere nelle loro attività quelle persone che vivevano contesti difficili. “La prosecuzione del campo estivo fu quindi questo spazio al pianterreno delle suore, dove svolgevamo attività teatrali e laboratori di vario tipo, e per chi decideva di restare c’era anche la possibilità di essere ospitati. Qui si iniziò a concentrare gran parte del disagio della città, finora rimasto inascoltato.”

Nel 2002 Angelo Moretti si sposa scrivendo un’inusuale lista nozze con i materiali utili a rendere agibile l’ultimo piano della struttura. “Lì creammo Betania – che ispirò il nome del Caffè dell’Orto – uno spazio per ragazzi con disagio psichiatrico, dove “lavoravamo” tutti come volontari. Io avevo appena terminato le scuole superiori e mi iscrissi con convinzione alla facoltà di scienze dell’educazione, forte anche del mio precedente periodo di volontariato a Napoli. Poi a novembre 2002 aprimmo un Centro con sole attività diurne, fino a maggio 2003 perché, nel mese successivo, ottenemmo i primi contratti a progetto, raggiungendo l’obiettivo di professionalizzare le attività che già svolgevamo come volontari.”

20 anni di carriera sul campo, una vita trascorsa per metà a fare ciò che sentiva dall’inizio come la sua strada: “Sono nata professionalmente con il campo della disabilità: ho fatto un corso “Assistente Portatori Handicap”, con compiti simili ad un OSA, per poi iniziare l’Università. Nonostante avessi solo 19 anni sapevo con chiarezza che era quello che volevo. Avvertii subito che era la strada giusta, sentivo i ragazzi del Centro come la mia famiglia, vedevo risultati e notavo che le famiglie, finora mai ascoltate, trovavano in noi un appoggio ed un conforto.”

Il CSP fu trasferito a Via San Pasquale, di fronte all’attuale sede del Consorzio Sale della Terra.
Si passò da una stanza lunga unica ad un ampio spazio esterno, che curavano i ragazzi. Da lì a poco un nuovo trasferimento, a Via Firenze.
“Ho un ricordo davvero bello di quel periodo, in dieci anni cambiammo tre sedi, con il gruppo che più o meno era sempre lo stesso ed è stato bellissimo veder crescere e migliorare ogni singola persona.
Sempre in quegli anni facemmo anche un gemellaggio con l’Albania, dove andavamo ogni estate e creammo il Centro “É più bello insieme” in Albania. Uno scambio culturale che fece emergere la presenza di persone disabili letteralmente nascoste alla comunità.”

Negli anni successivi si affinano le competenze di Annarita e, di conseguenza, le responsabilità.
“Diventai responsabile di struttura di “La gabbianella e il gatto”, comunità educativa a dimensione familiare. Esperienza stupenda perché ero sì la responsabile ma mi sentivo un tutt’uno con gli operatori: passavamo le notti insieme, così come insieme a loro facevo tutto ‘il lavoro sporco’. Cercavo di dare il buon esempio ed intanto imparavo sul campo a scrivere relazioni, mi recavo in tribunale alle udienze, creavo PEI, progetti educativi personalizzati. Alla prima udienza c’erano 3 fratellini coinvolti in una brutta storia e la mamma mi disse che voleva darli in adozione, per poi far decidere a loro, al raggiungimento della maggiore età, quale strada seguire. La frase “lascio i miei figli per il loro bene” mi colpì, tanto da lasciarmi sfuggire qualche lacrima e pensai che, da responsabile di struttura, avevo il dovere di tenere a freno i sentimenti e far prevalere la ragione del mio ruolo.

Eravamo una comunità di minori con fascia 4/13 anni, ed avevamo Caterina, una bimba affetta da una grave patologia eppure solare, bellissima ed amata da tutti. Non fu facile trovarle una famiglia ed il tribunale più volte ci disse che doveva restare nella nostra struttura. Non ci arrendemmo: non era possibile che nessuna famiglia la volesse. Ed è arrivata … in Puglia, grazie anche a Suor Raffaella Letizia che ebbe un ruolo fondamentale nella ricerca della famiglia adottiva.
Felice da un lato per il suo futuro, ma dall’altro fui assalita dalla tristezza perché ormai faceva parte della nostra quotidianità. L’abbiamo battezzata e accompagnata in tutti i suoi percorsi e progressi, eravamo noi la sua famiglia.”

“La Gabbianella e il Gatto” fu poi inserita in un progetto per i Minori Stranieri Non Accompagnati, con gli operatori che dovettero adattarsi dall’aver a che fare con minori di non più di 13 anni, a gestire il percorso di integrazione di minori stranieri anche adolescenti. Caterina fu l’unica a restare del gruppo precedente (siamo ancora nel periodo in cui non si riusciva a trovare una famiglia adottiva) e tutti i minori stranieri si affezionarono in brevissimo tempo a lei, vivendo insieme ad Annarita quelle sensazioni contrastanti di malinconia nel vederla andare via dalle loro vite e gratificazione per averle trovato una famiglia e averle garantito, di conseguenza, un futuro.

Con l’iscrizione al Master “Formazione dell’esperto nelle relazioni familiari. La tutela dei nuclei familiari fragili” Annarita vede aumentare sempre di più la sua sensibilità verso le famiglie delle persone a cui si rivolgeva.
“Mi prendeva sempre di più l’idea di occuparmi di persone fragili e, nel frattempo, allargare sempre di più lo sguardo sulle loro famiglie. Con queste premesse nacque l’Associazione “Dente di leone”, che si occupa dell’affido di minori in difficoltà e delle loro famiglie di origine. Suor Raffaella fu una delle fondatrici.

L’idea di fare qualcosa per i genitori ha sempre fatto parte di me: ho sempre pensato ad attività come parole di sostegno tra mamme, supporto al ruolo della genitorialità dalla gravidanza, gruppi di parola tra ragazzini. Ultimamente ho acquisito la consapevolezza della responsabilità e della fatica dell’essere genitori.
Ed anche per questo la tesi del master è stata incentrata sulle luci ed ombre della maternità, con l’intento di rompere gli stereotipi che ruotano attorno a questa figura e alla sua funzione.”

Il bagaglio professionale sui minori stranieri si arricchisce poi di altri due tasselli: quando arriva la chiamata per diventare coordinatrice di progetto dei Minori Stranieri Non Accompagnati a valere sul FAMI – Fondo Asilo, Migrazione ed Integrazione – Annarita si ritrova a svolgere il suo ruolo con la precisione ed affidabilità che hanno contraddistinto ogni suo incarico, forte delle passate esperienze.
Medesimo discorso per un altro incarico che va ad aggiungersi alle sue tappe lavorative: le viene affidata la segreteria di “Un Passo Oltre”, progetto di cui Sale della Terra è capofila e che conta 26 partner su 5 regioni italiane, mirato alla presa in carico dei MSNA prossimi all’uscita dai sistemi d’accoglienza per il raggiungimento della maggiore età.

“Anche se non vivo tutte le attività della Rete “Sale della Terra” e preferisco essere una piccola piantina di pomodoro mi sento comunque parte dall’intero orto. Nella mia visione io cerco di impegnarmi e dare tutto nel mio ruolo e nelle mie competenze, contribuendo alla crescita della Rete ma anche alla mia personale. E continuerò a farlo finché sentirò di sentirmi sulla strada giusta della mia vita.”